Gli effetti avversi dell’intelligenza artificiale

Come ci si può opporre all’innovazione? Sarebbe come opporsi al progresso. Ma siamo sicuri che con l'intelligenza artificiale non abbiamo intrapreso una parabola discendente?

Se qualcosa è tecnicamente possibile, perché non farla? L'Intelligenza Artificiale è un esempio di questo imperativo tecnologico.

«Che piaccia o no, l’IA è destinata a cambiare il mondo» ha detto Klaus Schwab, fondatore del WEF. "Che piaccia o no". Molto significativa questa precisazione. Schwab sembra essere consapevole che ci possono essere dubbi, opposizioni e resistenze a questa determinata evoluzione della società, ma non importa: questo cambiamento s’ha da fare.

L’IA è stata accolta con grande entusiasmo anche in campo medico. Non c’è numero di rivista medica che non parli di sue nuove applicazioni. Stanno proliferando corsi di aggiornamento su di essa, e nel parlare con i medici si avverte un’approvazione incondizionata.

Al momento è impiegata in un’ampia varietà di campi della medicina. Rappresenta un approccio più che materialistico alla malattia: è la medicina dei dati, e non più quella dei sintomi.

Qualcuno comincia a parlare di “Dottor IA”, il medico ideale, quello che non può sbagliare. Tutto questo viene indicato anche con una parola divenuta quasi magica: innovazione.

Come ci si può opporre all’innovazione? Sarebbe come opporsi al progresso. Non si può essere indietristi! Ma siamo proprio sicuri che non avevamo già raggiunto una quota ottimale di conoscenze e di applicazioni in campo medico, e ora abbiamo invece intrapreso una parabola discendente? Siamo sicuri che le nuove tecnologie non abbiano effetti avversi?

Di questo e molto altro ne parla il medico Paolo Gulisano nel suo ultimo libro: Imperativo tecnologico. La sfida etica dell’Intelligenza Artificiale.