Salviamo la Sardegna prima che sia troppo tardi

Da paradiso terrestre a discarica di rifiuti non degradabili: il tutto, come sempre, in nome del profitto

Pochi anni ancora, e la Sardegna rischia di diventare tutta ferro e cemento. Un vero e proprio gioiello che andrebbe tutelato, come ci ricorda l'articolo 9 della nostra Costituzione, e che invece potrebbe veder cancellati i suoi 5.000 anni di storia nel giro di pochi anni.

Già perché entro il 2030 è prevista l'installazione di 70.000 ettari di pannelli fotovoltaici sulla terra ferma e di una moltitudine di turbine eoliche che si estenderebbero perfino oltre le coste.

Un piccolo paradiso terrestre dal patrimonio culturale e artistico sconfinato, con la più alta densità di monumenti archeologici del mondo e con una completa varietà di paesaggi ed ecosistemi che vanno dalle montagne alle coste (senza dimenticare che il 74% dell'intera avifauna italiana risiede proprio qui), sta per essere trasformato in una terra inabitabile.

Più grave ancora il fatto che attualmente la Sardegna produce 12.000 GWh di energia ogni anno, ma ne consuma soltanto 8.000, con un esubero quindi del 40% del suo fabbisogno (e un paradosso: proprio qui le bollette elettriche sono le più care d'Italia). Già in passato l'isola è stata vittima di sfruttamento energetico: basti pensare che delle 7 centrali a carbone presenti in Italia, 2 si trovano proprio sull'isola.

Purtroppo non è ancora finita.

Nonostante il fabbisogno regionale di soli 2 GW, lo Stato Italiano ha infatti fissato per la Regione l’obiettivo di ulteriori 6,2 GW di potenza installata minima da fonti rinnovabili entro i prossimi sei anni; oltre tre volte in necessario.

Il tetto massimo invece non c'è, sicché ad oggi ci sarebbero richieste di concessioni per 58 GW, ovvero trenta volte la potenza richiesta dall'isola (per avere un termine di paragone basti pensare che in tutta la Francia la potenza da fonte rinnovabile installata è di 20 GW).

Solo per l'eolico, sono stati già presentati oltre 800 nuovi progetti, e a questi ogni settimana se ne aggiungono 30-40.

Stiamo parlando di turbine alte 270 metri: dei giganti di cemento che dalla spiaggia appariranno come una schiera di grattacieli da 90 piani che spuntano dall'acqua. E non andrà meglio sulla terra ferma, dove per tenerle in piedi ci sarà bisogno di versare centinaia di tonnellate di cemento armato e di una installazione permanente fatta di chilometri e chilometri di cavi d'acciaio.

Senza poi considerare che per trasportare le gigantesche pale eoliche bisogna intervenire sul territorio attraverso l'espropriazione di terreni e l'abbattimento di alberi (secolari inclusi), in quanto sono fatte di un unico pezzo che non può essere montato in loco.

Pale eoliche monoblocco, dicevo, che per di più hanno in media una durata di vita di 30 anni e che, non essendo costruite con materiali biodegradabili, a fine ciclo vengono semplicemente sotterrate. I basamenti invece restano già lì, sempre sottoterra, anche se a un certo punto le turbine dovessero venire spostate altrove.

E questa sarebbe l'energia pulita, la sostenibilità, la "Rivoluzione Green" di cui sentiamo parlare sempre più spesso?